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I miei libri

NATI PER AMARE. DETERIORAMENTO E RIATTIVAZIONE DELLA PULSIONE AFFETTIVA

Mimesis 2016

Com’è un essere umano? Cosa vuol dire essere sani e felici? E perché il dolore e la gioia? E come si rimedia a un’umanità danneggiata e logorata?
In questi ultimi anni antropologi, studiosi di evoluzionismo, di scienze cognitive e neuroscienze, biologi, fisici, psicologi sperimentali, teologi, storici e filosofi hanno fornito nuovi apporti che stanno radicalmente cambiando il modo di vedere l’essenza più profonda e millenaria degli esseri umani. Non possiamo più andare avanti con vecchie, e pessimistiche rappresentazioni dell’essere umano dimenticando la grandezza, sia in bellezza che in drammaticità, del suo sofisticato e delicato percorso evolutivo.
L’autore riannoda i fili di orientamenti psicoterapeutici diversi con i più recenti contributi della scienze umane per rispondere a queste domande e per descrivere i disturbi psicologici come deterioramenti di un insieme di pulsioni universali vitali e affettive, di un’ancestrale disposizione al bene che è indispensabile alla sopravvivenza sia individuale che della specie. Le persone soffrono quando sono snaturate, come qualsiasi essere vivente fragile e delicato all’inizio della vita, quando non sono più in grado di evolvere, di auto realizzarsi e soprattutto di amare.
Così dalla stessa parte ritroviamo il primo antagonista di Freud, Pierre Janet, e poi Balint, Maslow, Fromm, Bowlby, Bromberg, Mitchell e tanti altri, per arrivare all’ultimo Yalom e a molti italiani Pagliarani, Cancrini, Ammaniti, Recalcati e Orbecchi, passando attraverso il contributo delle psicoterapie umanistiche e soprattutto di Eric Berne, il fondatore dell’Analisi Transazionale.


In questo libro sono descritti prima di tutto gli esseri umani nella loro bellezza originaria, e poi i passaggi necessari a ricrearne l’essenza, quando è deteriorata, in un contesto di gruppo terapeutico permeato di solidarietà e vicinanza. Un luogo dove poter sperimentare e riattivare l’originaria voglia di amare, di vivere e condividere.
Sono in particolare riportate le tecniche per la riattivazione del primo amore deluso, quello verso i genitori, perché la ferita più profonda per un essere umano è la negazione della propria primaria offerta affettiva, una disposizione al bene che è espansiva e fiduciosa per natura, e che proprio in quelle relazioni, può essere stata inibita o deviata.
Il bisogno primario non è quello di essere amato, ma quello di amare.
Un testo innovativo che, mentre propone una piccola rivoluzione (lentius, profundius, suavius) per il mondo della psicoterapia e della psicoanalisi, è allo stesso tempo scritto in modo avvincente e alla portata di tutti. Corredato di citazioni letterarie, poesie, lettere e casi concreti, stimola a ripensare in grande e in modo radicale le professioni d’aiuto, di supporto e sostegno. Ci invita a riscoprire un senso positivo per il nostro passaggio sulla terra e a condurre una vita psicologicamente sana, equilibrata, gioiosa e amorevole. Secondo natura.


Presentazione del libro
Presso la Casa della Cultura di Milano, 20 giugno 2016

Guarda i filmati dei contributi:

  1. Introduzione
    Giorgio Piccinino - psicoterapeuta e sociologo, partner del Centro Berne, analista transazionale relazionale
  2. La gratitudine e il cambiamento di sguardo in psicoterapia
    Anna Barracco - Psicoterapeuta psicoanalista lacaniana
  3. Solidarietà, appartenenza e il recupero della connessione corporea
    Luciano Marchino - Psicoterapeuta e docente di psicologia somatorelazionale
  4. Gli sguardi e i volti fiduciosi che trasformano
    Silvia Pagani - Psicoterapeuta e analista adleriana
  5. Le parole e il corpo: il come del terapeuta
    Roberto Sassone - Psicoterapeuta analista reichiano, istruttore di mindfulness psicosomatico
  6. L’insopportabile complessità del genere umano e il luogo sicuro della psicoterapia
    Delia Duccoli - Psicoterapeuta di scuola junghiana
  7. “Figlità”: la responsabilità di essere figli di fronte alla propria storia
    Marco Mazzetti - Psichiatra, analista transazionale didatta e supervisore
  8. La psicoterapia come sguardo incantato di fronte all’umano e alle sue storie
    Alessandra Cosso - Giornalista, direttrice dell'Osservatorio Storytelling, Consulente per le organizzazioni
    Conclusioni di Giorgio Piccinino
 

 

INDICE


PARTE PRIMA
LA NATURA UMANA E IL SUO DETERIORAMENTO

  1. IL TEMPO PERDUTO
  2. BREVE RIASSUNTO DEGLI ARGOMENTI PRINCIPALI
  3. DA DOVE VENIAMO E COME SIAMO
  4. E ADESSO CHE FACCIAMO?
  5. CHI SIAMO?
  6. MA SE IN PRINCIPIO C’È LA GIOIA PERCHÉ SOFFRIAMO?
  7. COME LA NATURA UMANA SFIORISCE
    7a. Il dolore più grave, non essere degno di esistere
    7b. Il dolore più profondo, non poter amare
    7c. il dolore più subdolo, non poter evolvere
    7d. Il dolore più violento, non poter essere se stessi
  8. LA NATURA UMANA, IN BREVE

    PARTE SECONDA
    LA RIATTIVAZIONE DELL’AFFETTIVITÀ


  9. OBIETTIVI EVOLUTIVI, OLTRE L’EMERGENZA
  10. SE SONO FRAGILI I BAMBINI FIGURIAMOCI LE MAMME E I PAPÀ
    10a. gli stili di vita, ovvero come NON indossare un vestito per tutte le occasioni
    10b. le fragilità delle madri, ovvero come NON sparare?sulla Croce Rossa
  11. LA PSICOTERAPIA IN GRUPPO
    11a. I valori
    11b. Cosa fa un terapeuta di gruppo?
    11c. Siamo una meraviglia di opportunità dormienti: sedici miliardi di neuroni corticali!
  12. IL DIFETTO FONDAMENTALE È LA FERITA DEI NON AMANTI
  13. ONORA IL PADRE E LA MADRE
  14. CAMBIARE IL PASSATO? DUE ESEMPI
  15. NUTRE LA GIOIA IL DOLORE?
  16. IL TEMPO RITROVATO

BIBLIOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI

 

 

 

 

 

Recensione a cura di Marco Mazzetti, psichiatra, psicoterapeuta, Analista Transazionale didatta e supervisore.
Pubblicata in Neopsiche, N°20, 2016.

Tutti siamo figli. Dedichiamo in genere poco tempo a soffermarci su questa verità incontrovertibile, forse proprio perché la sua ovvietà ci sembra non meritare attenzione. Eppure, mentre solo alcuni di noi diventano genitori, o partner affettivi (mogli, mariti, amanti), o sorelle e fratelli, o sviluppano qualunque altra caratteristica della nostra specie, figli siamo tutti. Tutti abbiamo dei genitori: sia che li abbiamo conosciuti e abbiamo passato un tempo più o meno lungo con essi, sia che non li abbiamo conosciuti mai, e solo immaginati e fantasticati, siamo figli di qualcuno.
Si tratta forse dell’unica caratteristica umana che tutti ci accomuna e, forse per la sua universalità così connaturata alla nostra stessa esistenza, non è mai stata neppure coniata una parola per definire questa condizione. Esiste il termine “genitorialità” ma non “figlità”.
Un primo merito di quest’ultimo libro di Giorgio Piccinino è quello di invitarci a riflettere sul nostro ruolo di figli: dopo tanta letteratura sulle influenze dei genitori sullo sviluppo umano, Giorgio ci propone di metterci in una prospettiva differente, e di considerare quanto il ruolo dei figli sia un elemento attivo, dinamico e trasformativo non solo nelle relazioni familiari, ma anche per lo sviluppo della personalità dell’individuo. È una messa a fuoco preziosa, perché invita ciascuno di noi ad assumersi la responsabilità della propria vita e della propria stessa educazione affettiva, impadronendoci fino in fondo del nostro ruolo di figli, dei suoi privilegi e degli oneri che a esso sono legati.
Questo rovesciamento di prospettiva colpisce con intensità emotiva il lettore fin dalle prime pagine, in cui Giorgio racconta, con parole e momenti toccanti, il suo rapporto con il padre, e la lenta evoluzione che questo ha avuto, non arrestandosi certo con la morte del genitore, ma continuando nella memoria e nell’immaginazione. Mi sono commosso leggendo quelle pagine per la loro autenticità, e anche perché, quasi inevitabilmente, mi sono ritrovato a pensare a mio padre, morto giovane da quasi quarant’anni, e la cui immagine nella mia memoria non è mai stata statica, ma dinamica, evolutiva; in particolare, sono tornato a pensare a lui con intensità negli ultimi anni, quando ho prima superato con timore l’età che lui aveva quando è morto, e sono poi diventato più vecchio di lui. E ora che vivo quegli anni che a lui sono stati negati, lo penso con uno struggimento che non mi sarei immaginato anni fa, e a tanto tempo dalla sua morte. Ripenso al mio ruolo di figlio, a ciò che ho appreso da lui, alle cose che di lui mi par di comprendere solo ora, a questa nuova empatia che sento per lui e che sta in qualche modo arricchendo la mia educazione filiale.
Nomino questa mia esperienza personale per dire quanto il racconto e l’approccio di Piccinino non siano una testimonianza solo sua personale, ma un tema probabilmente davvero universale o, per lo meno, io me ne sono sentito toccato in questi termini.
La comprensione del nostro essere figli, dei significati che assume e delle responsabilità che comporta per la nostra personale autorealizzazione, è il punto di partenza di questo libro dedicato allo sviluppo della competenza affettiva, per realizzare lo scopo delle nostre esistenze: amare felicemente, e felicemente essere riamati.
La tesi di base, che condivido, è che la comprensione del punto di vista dei nostri genitori, delle loro difficoltà quando ci sono stati madri e padri, e delle gioie e dei drammi della loro vita, sia utile per comprendere la complessità dei loro messaggi (detti e non detti) e dei loro autentici sentimenti verso di noi; questa comprensione è fondamentale per rivedere il nostro stile affettivo e la nostra capacità di amare e di essere amati, e infine scegliere consapevolmente quale vogliamo sia il nostro mondo relazionale oggi.
È un libro originale: benché nasca essenzialmente come un testo di psicoterapia, esso ha una dimensione filosofica che ferma lo sguardo sui significati della nostra esistenza; è un libro poetico che non trascura la bellezza dei versi e delle suggestioni letterarie; ed è un libro allegro, dove non mancano spunti umoristici, a ricordarci che imparare, e crescere nella nostra umanità, non è necessariamente un’impresa dolorosa o faticosa, ma anche una piacevole – e spesso entusiasmante – avventura.
La struttura del libro parte con alcuni capitoli introduttivi, che da una prospettiva evoluzionistica e biologica prima, filosofico-esistenziale e neuroscientifica poi, e infine analitico-transazionale, definisce la felicità come il frutto di relazioni felici.
In seguito si passa a quella che potremmo considerare un’eziopatogenesi dell’infelicità, cioè di come gli eventi avversi della vita ostacolino e limitino le naturali pulsioni dell’individuo, che Giorgio Piccinino identifica in pulsione di Sopravvivenza, di Appartenenza, di Conoscenza ed Evoluzione, e di Autorealizzazione. Nel fare ciò, rilegge con originalità il concetto di ingiunzione, un elemento chiave nella teoria del copione in Analisi Transazionale (Goulding McLure e Goulding, 1979).
In base di queste premesse, i capitoli successivi propongono un approccio psicoterapeutico da cui traspira un’attitudine ottimista e fiduciosa nelle capacità degli esseri umani di perseguire la felicità, che oltre a essere la personale visione di Giorgio Piccinino è anche il cuore dei valori base dell’Analisi Transazionale (Berne, 1966) e del concetto di Physis (Berne, 1947).
L’autore ci conduce con attenzione attraverso un percorso di comprensione empatica verso i genitori, le loro difficoltà, e le ragioni per le quali si dimostrano a volte non adeguati nello svolgere un ruolo genitoriale, e lo fa con quell’attenzione di figlio di cui si è detto all’inizio: mai deresponsabilizzante dal lato dei figli (non è “tutta colpa” dei genitori), e allo stesso tempo senza indulgenze o atteggiamenti assolutori superficiali. Le responsabilità di ognuno sono descritte, chiarite, comprese, a favorire un processo di empowerment che è la strategia più promettente per una terapia riuscita.
Il testo arriva a questo punto al suo cuore: la psicoterapia dell’infelicità e lo sviluppo della felicità, intesa essenzialmente come la capacità di amare e di lasciarsi amare. Uno spazio ampio è lasciato al gruppo, alla filosofia che sottende questo approccio terapeutico squisitamente analitico-transazionale, ai suoi punti di forza e ai modi più efficaci di elicitarli. Viene poi descritto un approccio in sette passi per identificare gli eventi legati alla relazione primaria del figlio con la figura genitoriale, comprendere il modo con cui questa ha influito sull’installarsi di convinzioni copionali, e intervenire nella direzione desiderata. I sette passi sono 1. Riflessione guidata per identificare stili accuditivi materni/paterni e risposte adattive del figlio; 2. Analisi dei vissuti “là e allora”; 3. Collegamento emozionale e comportamentale con la vita attuale; 4. Drammatizzazione dell’evento invitando il paziente a impersonare il genitore (con scopi analoghi a quelli della classica “Intervista al genitore”, McNeel, 1976); 5. Analisi degli stili affettivi attuali, e rivalutazione degli aspetti positivi (amore non colto) del rapporto allora; 6. Rivalutazione dell’amore filiale verso il genitore, quello che i Goulding chiamavano la capacità di perdonare, e attuali tecniche di cura del trauma (EMDR, Shapiro, 2012) chiamano “sentimenti ecologici”; 7. Applicare concretamente nella vita attuale la capacità di amare riappresa.
A seguire, due trascritti di gruppo ci mostrano l’applicazione pratica delle strategie terapeutiche discusse.
Le ultime pagine del libro tornano con intensità a quella dimensione esistenziale e misuratamente lirica che mi ha tanto colpito all’inizio e, anche se non si tratta di un romanzo, preferisco lasciare al lettore il piacere di scoprirle da sé.
È a mio parere un libro assai ben scritto, che parla alle persone che siamo prima ancora che al terapeuta in noi, ed è scritto in un modo non gergale, che può essere letto e goduto anche da chi non conosce l’Analisi Transazionale. Può essere anzi un ottimo ambasciatore di ciò che è oggi l’AT anche tra chi non conosce o non pratica il nostro approccio terapeutico.
È un libro che ci aiuta, per la sua umanità e autenticità, a gustare il privilegio di svolgere questa magnifica professione, che è un dono prima di tutto per noi che l’abbiamo scelta. Penso che a Eric Berne sarebbe piaciuto.