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L’AMORE CHE MIMETIZZA
di Giorgio Piccinino con Dianora Natoli Casalegno

Atti del Convegno AssoCounseling” LE RELAZIONI CHE NUTRONO”

28 e 29 marzo 2015

pubblicato in RIC Rivista Italiana di Counseling,
Volume 2 - Numero speciale Ottobre 2015

ABSTRACT

In questo nostro intervento vorremmo parlare delle differenze fra counseling e psicoterapia di coppia, di quali sono i limiti e le loro possibilità. Desideriamo mettere in evidenza come, in entrambe le modalità di lavoro, sia possibile intraprendere un percorso evolutivo verso la soddisfazione dei bisogni relazionali e affettivi individuali e di coppia purché vengano chiariti alcuni elementi importanti. Se si deve essere sempre molto chiari ed espliciti nel delineare gli obiettivi degli interventi di counseling, attuando quello di coppia si deve soprattutto porre l’attenzione ai temi che sottendono i comportamenti problematici. Troppo spesso nella nostra pratica abbiamo infatti incontrato conflitti di coppia che nascondevano ben più profonde nevrosi che proprio l'innamoramento iniziale e un "gioco psicologico" a due ben compensante hanno coperto per qualche anno. In questa nostra relazione spiegheremo le differenze fra i due approcci, le diverse possibilità di intervento, anche tecnico e metodologico, e soprattutto le cautele che tutti devono avere affrontando questo ambito che riteniamo molto particolare e irto d’insidie.

L’AMORE CHE MIMETIZZA

Specificità del counseling con le coppie

Lavoriamo come terapeuti di coppia ormai da quasi 30 anni e da almeno 15 insegniamo nei corsi triennali di counseling sia come docenti che come supervisori per diverse scuole. Per questo abbiamo pensato di portare il nostro contributo di esperienza in relazione al tema, sempre scottante, delle differenze e delle specificità fra interventi di terapia e di counseling con le coppie.

Col tempo siamo arrivati a considerazioni piuttosto precise sui due percorsi, su ciò che li accomuna e sulle opportunità che ciascuno di essi può offrire se svolti con metodologie accurate e tecniche chiare. Ma il punto centrale che vogliamo mettere in evidenza in questo testo è, come preannuncia il titolo, il rischio che nelle coppie dietro i problemi di comunicazione o i disaccordi sul quotidiano si nascondano malesseri ben più profondi e antecedenti. E’ proprio il tentativo di risolvere questi malesseri che li ha fatti incontrare e “incastrare”, rendendo il loro amore un salvataggio per le loro pregresse condizioni individuali di sofferenza. Cominciamo tuttavia dalle differenze e dagli aspetti in comune.          

METODOLOGIA

Da questo punto di vista un’importante differenza riguarda la durata degli interventi, infatti, mentre in psicoterapia in genere (certamente nel nostro approccio analitico transazionale) non si mette un limite, per i counselor resta essenziale definire, anche solo indicativamente, il numero degli incontri, che sono al massimo una decina o poco più. Nello schema che noi seguiamo sia in psicoterapia che in counseling troviamo molto utile effettuare un colloquio individuale con ciascuno dei partner, di solito dopo la prima o al massimo seconda seduta comune. Questo ci permette di mettere a fuoco, senza le sempre possibili interferenze del compagno, ciò che realmente ha spinto la persona al colloquio con noi e le sue aspettative per la vita di coppia. Molto spesso si scopre che è solo uno dei due a volere una riappacificazione, mentre in altri casi, pur desiderando entrambi ripristinare un rapporto amoroso, non appaiono affatto uguali la fiducia e l’impegno a confrontarsi con degli “estranei”. Del resto, poiché si garantisce sempre la riservatezza di ciò che emerge nei colloqui individuali, ognuno si sente libero di esprimere liberamente i propri timori, i propri bisogni e i desideri, ma anche le sofferenze, le accuse, le rabbie. Non dimentichiamo poi che molto frequentemente ci sono fatti rilevanti, del presente o del passato, che non si vogliono far conoscere all’altro. Sarà compito nostro verificare successivamente se e quando ciò che è emerso potrà o dovrà restare segreto.

Un altro importante punto di attenzione proprio all’inizio consiste nell’indicare che la metodologia prevede che, alle domande poste, ognuno debba rispondere per la sua parte, per come vede la situazione e per il suo vissuto.

Dobbiamo ovviamente far emergere le opinioni di entrambi anche perché spesso si tende a rispondere a ciò che si è appena sentito affermare dal partner, ribattendo o polemizzando immediatamente. Alla stessa maniera è piuttosto comune che uno dei partner tenda a fare da portavoce e sovrastare l’altro con i propri racconti soggettivi. Una buona comunicazione nella coppia è pur sempre uno degli obiettivi da raggiungere e dunque conviene sempre cominciare da subito, quando è possibile, una sorta di “modellamento”. Ognuno dunque parlerà di sé e per sé mentre l’altro potrà fare lo stesso al suo turno, solo successivamente potrà interloquire, contraddire o confermare l’esposizione.

Ai counselor, ma anche ai terapeuti, consigliamo sempre vivamente di essere in due, un maschio e una femmina, sia per la complessità di avere di fronte due persone spesso in aperto conflitto o in silenzio ostile, ma anche perché:

·        Si facilita l’identificazione con il counselor del proprio sesso che permetta di parlare un po’ da “donna a donna” o da “uomo a uomo”, evidenziando meglio le differenze e le specificità di genere.

·        Si sottolinea una modalità di confronto, più o meno esplicita e immediata, fra i due counselor che davanti ai partner possono conciliare e integrare i propri punti di vista. Si esemplifica così un aperto e sereno confronto fra pari in cui si valorizzano le differenze piuttosto che vederle come problema.

·        Diventa possibile la scelta di ricorrere a colloqui individuali in cui ciascuno può aprirsi con l’aiuto di uno dei due counselor

CONTRATTO

Sia che si tratti di un percorso di psicoterapia che di counseling la fase contrattuale iniziale è molto importante per capire la gravità del problema e le intenzioni di ciascuna persona. E’ necessario fare emergere la motivazione di ognuno alla richiesta di aiuto, la sua visione delle difficoltà e la volontà d’impegnarsi nel percorso per effettuare i cambiamenti necessari per continuare a stare in coppia.

Come abbiamo accennato più sopra ci sono spesso rilevanti informazioni nascoste al partner relative per esempio alla fiducia nelle possibilità di recupero della coppia, oppure riguardo a una decisione difficile da comunicare, oppure anche alla presenza di altre relazioni affettive o sessuali. E’ essenziale fare emergere al più presto queste informazioni che, se non espresse, rischiano di rallentare o addirittura vanificare il lavoro.

Al contrario se esplicitate permettono da subito di affrontare i reali problemi, di chiarire le reciproche aspettative e portare elementi di chiarezza sulla possibilità o meno di effettuare il percorso di coppia. Ovviamente il percorso può anche avere come obiettivo quello di una civile e serena separazione.

LE TECNICHE

Questa è l’area in cui maggiormente si differenziano i due percorsi: infatti in psicoterapia usiamo spesso delle tecniche regressive che consentono di andare più a fondo nel lavoro terapeutico e portare a galla le esperienze antiche rimosse attraverso le quali le persone hanno orientato inconsciamente la propria crescita in modo negativo e difensivo. Spesso a seguito di queste sessioni, che richiedono la presenza di una serie di condizioni preliminari e che vengono, nel caso della terapia di coppia, effettuate in presenza dell’altro partner, le persone scoprono quanto le difficoltà emerse nella loro relazione abbiano radici in quel loro sistema di riferimento, strutturato fin dall’infanzia, che noi chiamiamo Copione. Non solo dunque la persona ha l’opportunità di cambiare il proprio comportamento, ma in più il partner che assiste scopre quanto le dinamiche di coppia siano l’esito di difficoltà ad amare o a relazionarsi con l’Altro che prescindono da lui. Queste scoperte sono sempre accompagnate da grande comprensione e compassione e finiscono con il facilitare nel partner l’assunzione di atteggiamenti collaborativi e supportivi. E’ inevitabile che, per esempio, la compagna di un uomo affetto da ansie sessuali o da eiaculazione precoce, scoprendone l’origine in un trauma antico rimosso o nella paura inconscia di essere invaso da una figura femminile dominante, abbandoni le sue reazioni accusatorie o depressive per assumere invece un atteggiamento comprensivo che, col tempo, potrà facilitare la liberazione della potenza sessuale del compagno. E’ evidente che quando un partner capisce di non essere lui il principale problema - anche se ne è comunque in parte corresponsabile, se non altro per essere stato connivente per anni – potrà arrivare, col tempo, a liberarsi dai sensi di colpa o dalle rabbie o dalle paure di non essere amato abbastanza e da tutte le proprie risposte reattive che, a loro volta, avranno contribuito ad avvelenare la relazione.

Nel counseling invece si lavora sul presente, sui vissuti e sulle percezioni facendole emergere senza elementi regressivi proprio perché i “danni” psicologici dovrebbero essere meno rilevanti e l’insorgere di comportamenti deficitari da attribuire a difficoltà nella comunicazione attuale o nella soluzione di problemi contingenti.

Non ci stancheremo mai di sottolineare che la differenza fra counseling e psicoterapia sta prima di tutto nella gravità e nella drammaticità dei problemi che si possono affrontare, il resto, comprese le tecniche e la durata dei percorsi, ne sono un’ovvia conseguenza.

FASE INIZIALE

Se, com’è per tutti gli altri ambiti, i counselor devono essere sempre molto chiari ed espliciti nel delineare gli obiettivi dell’intervento, con le coppie si deve, anche e soprattutto, porre una grande attenzione alle problematiche che sottendono i comportamenti evidenziati in prima battuta. Troppo spesso nella nostra pratica, ci siamo trovati a incontrare conflitti di coppia che nascondevano ben più profonde nevrosi che proprio l'innamoramento iniziale e un "gioco psicologico" a due ben compensante, hanno potuto coprire per qualche anno. Si attribuiscono virtù taumaturgiche alle relazioni amorose senza rendersi conto di quanto possano essere state un modo per “mimetizzare” il disagio, almeno all’inizio, per poi farlo esplodere successivamente, una volta passato il periodo dell’innamoramento quando finiscono per concentrarsi delusioni, aggressività e violenze. I problemi psicologici tanto più si rinviano tanto più esplodono drammaticamente e tanto più l’età è avanzata tanto più è difficile un cambiamento.

Il counselor deve sempre cercare di capire al più presto cosa c’è dietro il malessere portato facendo emergere, appena le percepisce, le eventuali problematiche sottostanti.

A volte tanto più miracoloso è stato il primo incontro tanto più può aver nascosto una necessità psichica profonda proprio di quel tipo di persona: un innamoramento straordinario o anche una sessualità per la prima volta appagante possono essere l’illusione salvifica che mimetizza un profondo danno esistenziale. E’ proprio per questo che l’altra persona diventa temporaneamente indispensabile per la sopravvivenza ed è pure per questo che improvvise lacerazioni del rapporto possono portare a tragiche risposte autolesive o aggressive come in molti casi di “femminicidio”. In quei casi la rottura del rapporto porta a galla un vuoto affettivo tanto angoscioso e insopportabile quanto realmente e profondamente patologico.

Queste pertanto sono le domande che ci sembrano indispensabili nei primi colloqui di coppia:

  • Avete avuto consultazioni da counselor o psicoterapeuti prima d’ora?
  • Chi ha proposto questi  incontri?
  • Perché sei qui?
  • Cosa chiedi e quali sono le tue aspettative?
  • Cosa è accaduto per cui venite qui proprio ora?
  • Com’era la tua vita prima di innamorarti?
  • Come sono finite le relazioni precedenti, come hai reagito?
  • Cosa hai imparato allora e come era cambiata la tua vita?
  • Ci sono analogie con la relazione attuale?
  • Come è nata questa relazione amorosa?
  • Cosa ti ha attratto all’inizio?
  • Quale tuo bisogno profondo ha soddisfatto?
  • ……………

Le prime 5 sono, grosso modo, le domande usuali per iniziare un percorso di counseling, mentre le altre hanno proprio lo scopo di evidenziare quanto l’incontro con l’altra persona sia stato essenziale e compensativo per il proprio equilibrio. Anche le informazioni sulle precedenti esperienze amorose sono importanti per capire se siamo di fronte a modalità di attaccamento insicuro, evitante e disorganizzato e a strutture di personalità patologiche.

Tanto per fare qualche esempio le personalità patologiche di tipo narcisistico, anaffettivo o paranoide, che sono in genere particolarmente distaccate e indipendenti, hanno bisogno, per avere una qualche vita affettiva, di incontrare persone molto amorevoli, compiacenti e sottomesse che, a loro volta, possono trovare soddisfazione ed essere attratte da personalità carismatiche e forti. Il fascino rappresentato dall’altro corrisponde ovviamente a una parte mancante di sé che però col tempo non potrà che essere percepita come ingombrante ed eccessiva. In questo senso proprio le caratteristiche che hanno attratto e legato fortemente all’inizio diventano nel lungo periodo insopportabili.

Allo stesso modo le personalità ansiose e insicure, normalmente molto affettive e dipendenti, per avere conforto e rassicurazione hanno bisogno di incontrare, per completarsi, persone altrettanto affettuose, ma soprattutto dedite agli altri. Questi ultimi, ovviamente, non possono che essere dei “Salvatori” di professione che non vedono l’ora di sentirsi utili e “grandi” per qualcun altro, mentre di se stessi finiscono per non occuparsi mai.

A chi si occupa di disagi d’amore viene sempre presentato un passato soddisfacente e un presente catastrofico, ma molto spesso non è l’amore che finisce, bensì l’incastro di due Copioni complementari e reciprocamente sostenenti: in questi casi il coniuge “è servito” proprio a compensare, rimediare, rispondere o sedare impulsi auto o etero distruttivi, a far uscire temporaneamente da una depressione, a scaldare un narcisismo, a raddolcire una paranoia, a realizzare una simbiosi, a mantenere sotto controllo una disperazione, ecc.

Siamo convinti che sono proprio le persone più disturbate a credere di trovare nelle relazioni amorose la clamorosa ed entusiasmante soluzione ai propri problemi. Possibile, fra l’altro, proprio con quell’unica e specifica persona. In realtà nessuno può pensare, se non in modo temporaneo e illusorio, di risolvere i problemi rilevanti degli altri (o i propri grazie agli altri), per cui queste coppie sono destinate, prima o poi a esplodere per delusione. Di solito capita che il più esigente finisce per alzare il livello delle richieste proprio perché si accorge che il partner non è in grado di assolverle completamente, così l’altro non ce la fa più e si sottrae. Altre volte è il più compiacente e gregario a scoprire di essere sfruttato e dunque non trovando più sufficiente la ricompensa ai propri sforzi inizia a protestare e a mettere in crisi la relazione.

Se dunque il counselor arriva a capire di trovarsi di fronte a una problematica nevrotica rilevante dovrà aiutare la coppia a richiedere una psicoterapia.

In questo caso svolgerà un lavoro molto utile e prezioso - e soprattutto delicato - che consisterà nel far prendere consapevolezza alle persone della necessità dell’intervento di un altro professionista. Dovrà, con molto tatto e sensibilità e senza preoccupare troppo le persone, farne comprendere la necessità e aiutare nel contempo a elaborare eventuali paure e pregiudizi frenanti. Anche questo è un vero e proprio percorso di counseling che prenderà il tempo necessario.

Non entriamo qui ovviamente nel merito dello svolgimento del lavoro del counselor di coppia, ci sembra utile piuttosto riaffermare quanto esplicitato nel nostro libro “Amore limpido” (Erickson 2010), dove la finalità del lavoro con le coppie è, per noi, principalmente quello di aiutare ciascuno dei partner a capire quale è il proprio passaggio evolutivo necessario in questo frangente: si tratta pur sempre di imparare ad amare dando per scontato che tutti noi lo abbiamo appreso nelle nostre famiglie di origine.

Se è pur vero che ciascuno cerca un’anima gemella complementare alla propria è altrettanto vero che le coppie possono durare felicemente se il loro amore diventa un percorso di integrazione e apprendimento reciproco, proprio delle caratteristiche dell’altro, quelle per cui un tempo fu scelto.